Premio Senese 2017: fu assegnato a un progetto innovativo di ospedale prefabbricato anti-epidemie, tema tre anni dopo sarebbe diventato di drammatica attualità

Un ospedale prefabbricato, specializzato per la cura di malattie altamente infettive, modulare, adattabile, idoneo ad essere impiantato anche in territori lontani dai grandi centri urbani, espandibile e facilmente allestibile e trasferibile dove necessario: sembra un progetto nei giorni difficili della pandemia da Covid-19.
E invece è un progetto di alcuni anni fa (qui in alto un rendering della struttura), oggetto della tesi di laurea dell’Ingegner Alessandra Moscatelli, che vinse nel 2017 la prima edizione del premio per giovani ingegneri neolaureati, intitolato alla memoria dell’Ingegner Marco Senese .
Nell’aprile 2020 l’Ordine ritenne opportuno ripresentare quel progetto attraverso i propri canali di comunicazione, sia come testimonianza dello spirito innovativo e del talento dei giovani ingegneri partenopei, sia come ipotesi progettuale eventualmente da riproporre per fronteggiare il dilagare della pandemia soprattutto nelle aree più disagiate del pianeta.
Il nuovo Notiziario on line dell’Ordine sceglie ora – in occasione della cerimonia di consegna dei riconoscimenti ai vincitori del Premio Senese del 30 giugno 2022 (vedere QUI ) – di ripubblicare di seguito la presentazione sintetica del progetto vincitore nel 2017, a cura dell’autrice e – in allegato – la presentazione della tesi a cura dell’autrice, le slide preparate dall’autrice in occasione della cerimonia di premiazione, l’estratto dedicato al progetto da una pubblicazione inglese e la presentazione del lavoro alla commissione giudicatrice del Premio Marco Senese, firmata dal Professor Francesco Polverino, relatore della tesi.

Progetto di un centro mobile
per il trattamento delle malattie infettive gravi e altamente contagiose
di Alessandra Moscatelli (Ingegnere, vincitrice del Premio Marco Senese 2017)

In tempi di pandemia da Covid-19 vanno riviste le logiche della progettazione ospedaliera, in considerazione sia della velocità di propagazione del virus, sia del numero di persone contagiate.
In quest’ambito la realizzazione di ospedali per il trattamento di malattie infettive prefabbricati, composti da container opportunamente allestiti, costituisce il presente ed il futuro dell’ingegneria dell’emergenza.
Avevo ipotizzato questo tipo di struttura sanitaria in un progetto dal titolo “Il trattamento delle malattie infettive in area disagiata. Progetto di un centro mobile” insignito nel 2017 del Premio “Marco Senese”, allora alla prima edizione, promosso dall’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Napoli.

Questo progetto di una struttura mobile di emergenza per il trattamento delle malattie infettive gravi e altamente contagiose, è stato oggetto di una pubblicazione scientifica (consultabile QUI) nell’ambito della quarantaduesima edizione dello IAHS-World Congress on Housing, nel 2018, ed è di immediata realizzazione. La pubblicazione ha per titolo ”Two cases of container architecture: students mini apartment project and travelling field hospital“.

La caratteristica di mobilità dei container svincola la struttura sanitaria dalla particolare localizzazione, rendendola trasportabile dove si presenti un’emergenza epidemica e, per meglio rispondere alle differenti esigenze dettate dall’andamento della curva epidemiologica, la struttura è implementabile, come è sintetizzato dalla grafica sottostante.
VANTAGGI PRATICI
Utilizzare i container consente numerosi vantaggi, tra i quali rapidità di installazione, serialità, riutilizzo, flessibilità e economicità. Nella logica dell’edilizia circolare, inoltre, l’utilizzo di container in disuso opportunamente riconvertiti e assemblati in loco permette di proiettare la progettazione verso la sostenibilità e la reversibilità ambientale attuando, anche in emergenza, strategie che azzerino il consumo irreversibile di suolo.
Il progetto proposto, che racchiude al suo interno triage, spazi per la diagnostica, sala operatoria, terapia intensiva, sub-intensiva e servizi di supporto, segue le linee guida dell’EUropean Network of Infectious Diseases e dell’U.S. Army specifiche per la progettazione di reparti in alto isolamento, High Level Isolation Unit, in grado di fornire il più alto grado di contenimento verso tutti i tipi di trasmissione: contatto, droplet, o via aerea (vedere qui in basso lo schema).
In Europa sono pochissimi i centri che ospitano tali reparti, da qui l’idea progettuale di conformare un edificio ospedaliero con tali caratteristiche riutilizzabile in luoghi diversi, con notevoli vantaggi economici.
LA DURA LEZIONE DELL’EPIDEMIA DA EBOLA
Tale progetto è stato messo a punto al fine di superare le criticità riscontrate nel trattamento dell’epidemia da febbre emorragica Ebola che ha sconvolto la Sierra Leone nel 2015, ma il suo punto di forza è la caratteristica di adattabilità a diverse condizioni ambientali (con un sistema di coibentazione modificabile) e di contesto socio-sanitario.
Altra caratteristica premiante è la particolare attenzione alla mitigazione dei rischi di contaminazione per il personale, al contrario di quanto avviene negli ospedali da campo tradizionali in cui le tecnologie utilizzate non permettono un efficace isolamento aereo.
Oltre all’intervento in area disagiata, è stata considerata anche la possibilità della struttura sanitaria in oggetto di affiancare nosocomi tradizionali che si dimostrino inefficienti o inefficaci a garantire le adeguate cure in alto isolamento in relazione alla velocità di propagazione dell’epidemia.
La flessibilità di utilizzo di questi container modificati innovativi li rende, infine, ideali anche come unità mobili industriali, utilizzabili come clean-room.

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