Inclusione sociale: è fondamentale il ruolo dell’ingegneria

Venerdì 4 novembre, l’aula magna del Campus Federiciano di San Giovanni a Teduccio ha ospitato i lavori del convegno sul tema “Sport e disabilità intellettiva”, a cui l’Ordine degli Ingegneri di Napoli ha concesso il patrocinio e il riconoscimento di Cfp. Ha partecipato ai lavori l’ingegner Giovanni Esposito, Consigliere Tesoriere della Fondazione Ordine Ingegneri Napoli, con una relazione sul tema: “L’Ingegneria per l’inclusione”. Riceviamo e volentieri pubblichiamo il testo della sua relazione.

Buon pomeriggio a tutti. Ringrazio il Professor Antonio Lanzotti per aver invitato la Fondazione Ordine Ingegneri Napoli a partecipare ai lavori di questo interessante convegno e porgo i miei saluti a tutti i partecipanti.
La Fondazione Ordine Ingegneri Napoli, che qui rappresento in veste di Tesoriere, è stata costituita negli scorsi anni dall’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Napoli, volendo perseguire la finalità di valorizzazione e tutela della figura dell’ingegnere ed il suo costante aggiornamento tecnico-scientifico e culturale.
La Fondazione ha come scopo principale la promozione e lo sviluppo di attività di formazione e di qualificazione oltre che culturali, anche in partnership con l’Ordine degli ingegneri della Provincia di Napoli e con altre istituzioni.
La Fondazione sin dalla sua nascita ha fortemente improntato la sua attività sul nostro territorio coinvolgendo le varie forze professionali, sociali, imprenditoriali, associative.
Nella Fondazione esistono molteplici gruppi di lavoro, interprofessionali e intercategoriali. Sono gruppi istituiti per valutare argomenti tecnici a 360 gradi con un focus sulla sostenibilità sociale. L’obiettivo dei nostri gruppi è promuovere una progettualità ancor più attenta alle tematiche sociali, ambientali, etiche ed inclusive.
La Fondazione e lOordine degli ingegneri di Napoli da tempo sono vicini ed attenti alle problematiche di una progettazione che sia al tempo stesso sociale ed inclusiva come dimostra la loro pluriennale partecipazione al Progetto “Include All” promosso dall’Università di Napoli Federico II.

IMPEGNO TECNICO ED ETICO
Come Fondazione siamo pronti ad impegnarci e a diffondere presso i nostri colleghi ingegneri i paradigmi di una progettazione non solo meramente tecnica, ma anche sociale ed inclusiva nel senso più ampio del termine, anche per contrastare nello specifico l’esclusione sociale delle persone con disabilità.

Siamo nell’era della tecnica imperante e trionfante, tecnica che si autosostiene, e che in molti casi ha solo fini derivanti dai suoi precedenti risultati; ci stiamo impegnando, come Fondazione, a fornire ai nostri colleghi la consapevolezza che la tecnologia non è indipendente dai valori.
Ci stiamo anche impegnando a combattere nei nostri colleghi la cosiddetta “cecità motivata”, ovvero l’agire inconsapevolmente in modo antietico, ai fini di un interesse personale ed egoistico, e la cosiddetta ”eticità limitata”, ovvero le barriere cognitive e sistematiche che impediscono loro di essere etici come vorrebbero.
Il nostro Ordine, infatti, attribuisce all’etica un valore fondante dell’agire professionale, al punto tale da ritenerlo materia di base dell’esame orale per l’abilitazione all’esercizio della professione, che dà diritto all’iscrizione nell’Albo professionale.

IL VIRTUOSISMO TECNOLOGICO NON BASTA
E’ chiaro ormai che non occorre progettare, dirigere la successiva realizzazione e gestione manutentiva ed adattativa in funzione di un “mero virtuosismo tecnologico”, ma che occorre farlo in funzione unicamente delle esigenze funzionali dell’opera e/o servizio, lungo tutto il suo ciclo di vita, dalla ideazione, alla realizzazione, alla gestione ed alla dismissione; progettare quindi in funzione della fattibilità sociale, tecnologica, operativo-gestionale, economica, finanziaria, ed in un’ottica di inclusività.

In altri termini bisogna indirizzarsi verso una progettazione basata, oltre che sull’ovvia sostenibilità tecnica, anche e soprattutto sulla sostenibilità economica, ambientale e sociale e sulla conseguente inclusività ai fini della eliminazione delle disparità derivanti da differenze di genere, di razza, di ceto, da disabilità fisiche e mentali.
Si tratta di un’esigenza avvertita anche dall’accademia. La Conferenza dei Presidi delle Facoltà di Ingegneria nel 2011 ha infatti modificato il proprio statuto inserendo esplicitamente tra i propri scopi quello di:
«promuovere un insegnamento dell’ingegneria coerente con il progresso delle scienze e delle tecnologie, rispondente alle esigenze dell’esercizio della professione derivanti dalle necessità della società, mediante la formazione di ingegneri scientificamente e tecnicamente competenti ed eticamente sensibili».

VERSO UN DIALOGO FRA TECNICI E INTELLETTUALI
In questo momento, pertanto, è importante che intellettuali non tecnologhi ed intellettuali tecnologhi si avvicinino contaminandosi a vicenda.
C’è bisogno di fornire alla tecnica una visione umanistica ed antropocentrica.
Con riferimento al tema odierno è evidente, rifacendosi al rapporto Istat – “Conoscere il mondo delle disabilità”, che la disabilità è fonte di disuguaglianza di opportunità, diseguaglianza di cui le istituzioni ancora non si occupano a sufficienza; la disabilità ha quindi una sua dimensione sociale e può, pertanto, essere considerata una manifestazione, particolarmente grave, dell’incapacità di una società di assicurare (o avvicinare) l’eguaglianza di opportunità alle persone con problemi ….
Nell’ambito dello sport mentre è indubbio il notevole miglioramento apportato dalla pratica sportiva alle persone con disabilità fisica o intellettiva quale opportunità di crescita e formazione, che permette di raggiungere un importante benessere interiore, anche grazie alla acquisizione di competenze centrate sull’azione che favoriscono la possibilità di apprendere “facendo” è altrettanto evidente la scarsa incentivazione istituzionale alla pratica sportiva di persone diversamente abili, fisicamente e soprattutto intellettualmente.
Le cifre evidenziate nella scheda che segue, non lasciano adito a dubbi.

Solo il 9% dei disabili in Italia pratica sport a fronte del 36,6% del resto della popolazione; è opportuno notare, di converso, che il 75% dei disabili che pratica sport dichiara di essere felice e della propria vita e delle proprie relazioni.

LE POTENZIALITA’ DELLO SPORT
Lo Sport può educare, formare, integrare, includere. Questo vale per tutti, ma per le persone con disabilità intellettiva è ancora più vero.

Lo sport non solo aiuta le persone con disabilità a migliorarsi, ma ha pure un valore culturale verso il resto della popolazione in quanto “apre” alla diversità, abbattendo ogni genere di stereotipi e pregiudizi.
Le moderne teorie sono volte a favorire, in ogni settore, modelli di partecipazione ‘misti’, che prevedono la condivisione di attività e dunque spazi da parte di chi soffre di disagio e di chi non ne soffre.
Un esempio di questo approccio è ad esempio quello della Fondazione Progetto Itaca Onlus che promuove programmi di informazione, prevenzione, supporto e riabilitazione rivolti a persone affette da disturbi della Salute Mentale e alle loro famiglie
Anche a livello sportivo questo modello potrebbe essere realizzato; è ovvio che talune infrastrutture necessarie non possono non essere realizzate.
Gli accorgimenti dovrebbero consistere nell’inserimento ‘armonico’ delle attrezzature specifiche, in modo tale che l’ambiente possa essere effettivamente inclusivo, senza far percepire i supporti e gli ostacoli che spesso sono il punto di partenza dei tabù nei confronti del disagio.

UNA LUNGIMIRANTE NORMA DELL’UNI
Vorrei inoltre ricordare che già nel 2021 l’UNI, l’ente di normazione volontaria, cui gli Ordini professionali degli ingegneri aderiscono sia istituzionalmente sia indicando gli esperti nei vari settori, ha emanato la norma UNI CEI EN 17210 “Accessibilità ed usabilità dell’ambiente costruito – Requisiti funzionali”.
La norma descrive i requisiti minimi funzionali di base e le raccomandazioni per un ambiente costruito accessibile e usabile secondo l’approccio “Design for all / Universal Design” a favore di un utilizzo equo e sicuro per il maggior numero di utenti, incluse le persone con disabilità.

La norma, oltre agli obiettivi sintetizzati nella scheda qui in alto:
• illustra, tra l’altro, considerazioni progettuali specificamente rivolte alle varie categorie di persone tra cui, per il caso di oggi: persone con difficoltà di apprendimento, problemi di comprensione, elaborazione o utilizzo delle informazioni, persone nello spettro autistico, persone con demenza, etc..
• definisce i prodotti assistivi, ovvero i “Prodotti appositamente creati o generalmente disponibili, per prevenire, compensare, sorvegliare, alleviare o neutralizzare disturbi, limitazioni dell’attività e restrizioni alla partecipazione”;
• fa propria la definizione di fruibilità intesa come “Modalità in cui un prodotto, un servizio e l’ambiente costruito possono essere utilizzati da parte di utenti specificati per raggiungere gli obiettivi specificati in modo efficace, efficiente e soddisfacente in un contesto di utilizzo specificato”,
• considera, sulla base dell’approccio “Design for all / Universal Design”, l’accessibilità come mezzo per consentire alle persone con disabilità di vivere in modo indipendente e di partecipare a tutti gli aspetti della vita
• ipotizza che “L’accessibilità e la fruibilità per tutti si ottiene considerando la diversità delle abilità umane ed i requisiti funzionali ad esse associati come base della progettazione”.

REGOLE PER GLI IMPIANTI SPORTIVI
La norma, nelle oltre 200 pagine di cui è composta, propone in estrema sintesi, al punto 5 una serie di considerazioni sulla progettazione in funzione della diversità degli utenti delinea, e delinea, in funzione dell’accessibilità, i requisiti funzionali per le varie tipologie del costruito ed in particolare, al Punto 17.7, per gli Impianti sportivi.
Sempre in merito all’ingegneria per l’inclusione vorrei evidenziare alcuni aspetti che l’accademia, e la successiva formazione obbligatoria ordinistica, stanno portando avanti in merito alla cultura dell’innovazione, con riferimento all’inclusione.
Un rapporto di Deloitte del 2018 dal titolo “La rivoluzione dell’inclusione”, evidenzia che le organizzazioni con culture inclusive sono sei volte più innovative e agili.
Varie sono le motivazioni a favore della tesi. In particolare, mi ha colpito la considerazione che le aziende inclusive risentono poco del groupthink o “Pensiero di gruppo”, ovvero del meccanismo per cui nei gruppi la tendenza alla ricerca dell’unanimità è più forte delle motivazioni che ognuno di loro possiede per intraprendere un’altra azione. In altre parole la presenza di persone “diverse” (per genere, razza, ceto, disabilità e così via) costringe i gruppi a non dare nulla per scontato.

INGEGNERI PROTAGONISTI
Quindi una cultura inclusiva favorisce l’innovazione, innovazione che è il fattore propulsivo ineliminabile dell’odierna economia.
In tale ambito è ovviamente in primo piano il ruolo degli ingegneri quali esperti chiamati a selezionare le tecnologie e ad impiegarle nella costruzione di soluzioni pratiche ai problemi posti dalla riflessione sulla inclusività.
Agli ingegneri, che per professione sono agenti dell’innovazione e che trasformano i risultati della ricerca in prodotti e servizi, la moderna formazione evidenzia che a loro è affidato un compito importante: coniugare, con un approccio multidisciplinare, più dimensioni quali la fattibilità tecnologica, la sostenibilità (economico-finanziaria, ambientale, sociale), la inclusività, intesa come appetibilità di quanto progettato/realizzato, e fruibilità; dimensioni necessarie per una progettazione basata sui bisogni delle varie categorie per il raggiungimento del benessere delle persone con disagio o senza, il corretto utilizzo delle risorse e la qualità della vita di tutti.
È pertanto un’adesione a un modello culturale orientato verso criteri in cui la progettazione/gestione si fonde con i concetti di tutela delle persone con disagio o senza e dell’ambiente, ed assegna alla professione un ruolo sempre più innovativo, inclusivo e qualificante.

L’INNOVAZIONE AL SERVIZIO DELL’ECCELLENZA SPORTIVA
Termino con un ultimo spunti di riflessione sui risultati della continua innovazione nei materiali in uno specifico ambito sportivo agonistico.
La tabella che segue ci mostra l’impressionante incremento dei record di salto con l’asta, per effetto delle continue innovazioni, tanto dei materiali che dei processi produttivi, dell’asta utilizzata
dagli altleti.
L’auspicio è che, mutatis mutandis, l’innovazione inclusiva possa facilitare il raggiungimento di risultati di eccellenza anche negli ambiti sportivi che vedono protagoniste le persone diversamente abili.


relazione di Giovanni Esposito (Consigliere Tesoriere della Fondazione Ordine Ingegneri Napoli)
al convegno sul tema Sport e disabilità intellettiva”
Napoli, 4 novembre 2022

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